Perché usiamo la critica con i nostri figli (e come spezzare il ciclo della svalutazione)

“Siamo le parole che usiamo”, scriveva José Saramago. Questo semplice pensiero è un potente promemoria del peso che le nostre parole possono avere, soprattutto nel rapporto con i nostri figli. Ma perché, nonostante l’amore che proviamo, ci troviamo spesso a criticarli? E come possiamo arginare questo comportamento per costruire una relazione più empatica e costruttiva?
In questo articolo, esploreremo le radici della critica, i suoi effetti e le strategie per sostituirla con un approccio più consapevole e rispettoso. L’obiettivo è offrire spunti utili per migliorare la comunicazione genitore-figlio e promuovere uno sviluppo emotivo sano nei bambini.
La critica spesso nasce come reazione automatica, frutto di stress o frustrazione. Ad esempio, immagina Luigi, un bambino di due anni che ha appena morso il fratello o distrutto un disegno. Di fronte a un comportamento del genere, potremmo etichettarlo come “cattivo” o “dispettoso”. Tuttavia, questa reazione non aiuta Luigi a comprendere il suo errore, anzi rischia di minare la sua autostima.
Molti genitori che criticano frequentemente i loro figli hanno vissuto un’infanzia segnata da giudizi severi. Hanno imparato a usare la critica come modalità interazionale, spesso senza essere pienamente consapevoli dei suoi effetti negativi. Questa modalità diventa quasi un “pilota automatico”, difficile da disattivare senza una riflessione consapevole.
La critica, soprattutto quando è pervasiva, può avere effetti nefasti sullo sviluppo emotivo del bambino. Può:
Passare dalla critica all’empatia richiede un cambiamento di prospettiva e alcune pratiche concrete. Ecco alcune strategie utili:
Un bambino non è mai “sbagliato”; può compiere azioni inadeguate, spesso come risposta a un bisogno non soddisfatto o a un’emozione non regolata. Ad esempio, se un bambino morde, chiediamoci:
Invece di etichettarlo come “cattivo”, possiamo dire: “Hai morso tuo fratello perché eri arrabbiato. Quando siamo arrabbiati possiamo dire: ‘Sono arrabbiato!’ invece di mordere.”
I bambini piccoli non hanno ancora sviluppato tutte le competenze emotive e relazionali. Invece di concentrarci su ciò che manca loro, possiamo chiederci: “Qual è la competenza che il mio bambino deve ancora sviluppare?”.
Ad esempio, una bambina di tre anni che non vuole condividere i suoi giochi non è “egoista”; non ha ancora imparato a condividere. Riflettendo su questo, possiamo aiutarla a sviluppare gradualmente questa abilità.
È fondamentale riflettere su come la nostra storia personale influenzi il nostro approccio genitoriale. Chiediamoci:
Se ci rendiamo conto di avere difficoltà a cambiare, potremmo considerare di chiedere supporto a un professionista per orientarci verso un approccio più consapevole.
La critica è uno dei “veleni” più invisibili nelle relazioni. L’unico antidoto efficace è l’empatia. Quando mettiamo da parte il giudizio e ci concentriamo sull’accoglienza, creiamo uno spazio sicuro in cui i nostri figli possono crescere e imparare.
Prova questa settimana a osservare come interagisci con tuo figlio o tua figlia:
Sperimenta l’uso di frasi descrittive invece di etichette. Ad esempio, invece di dire: “Sei disordinato!”, prova: “Ci sono molti giocattoli sul pavimento; raccogliamoli insieme.”
Annota se noti cambiamenti nella qualità delle vostre interazioni.
Criticare i nostri figli è spesso un riflesso automatico, ma possiamo scegliere di sostituirlo con un approccio basato su empatia e comprensione. Questo cambiamento non è solo benefico per i nostri figli, ma anche per noi stessi, poiché ci permette di creare relazioni più autentiche e gratificanti.
Ricorda: ogni passo verso un genitore più consapevole è un dono prezioso per tuo figlio.
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A presto,
Giovanna Fiore
Responsabile Aree Perinatale e Infantile della Psychikós Clinic e creatrice del Progetto Benessere Perinatale.
📷 Pixabay
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