Ogni bambino è una storia da raccontare: scrivere per guarire e crescere

Introduzione

In questo articolo voglio parlarti della scrittura autobiografica per il benessere psicologico e delle sue applicazioni nel contesto perinatale.

Il mio interesse per la scrittura come strumento di promozione del benessere psicologico è ventennale. La mia tesi di laurea triennale, nel lontano 2006 (🥹), è stata dedicata alla promozione del benessere psicologico attraverso questo metodo. Avevo scelto un contesto difficile e pieno di umanità: il carcere. Quell’esperienza ha lasciato in me un seme che, anche se non ho più coltivato in modo diretto con i detenuti, non ho mai smesso di portare con me nella mia pratica clinica.

Perché scrivere, semplicemente scrivere, è a mio avviso un balsamo per l’anima.


Scrivere per guarire: la ricerca di Pennebaker e la salute emotiva

Scrivere non è solo un modo per ricordare o per sfogarsi. È una forma di integrazione — tra pensieri, emozioni e corpo.

Il ricercatore James W. Pennebaker, nel suo libro “Scrivi cosa ti dice il cuore”, ha studiato come la scrittura possa avere effetti concreti sulla salute. Effetti misurabili: abbassamento della pressione arteriosa, miglioramento del sistema immunitario, riduzione del numero di visite mediche.

La chiave è infatti questa: non basta descrivere i fatti, serve raccontare anche come ci siamo sentit* dentro quell’esperienza.

Le persone che, nei suoi esperimenti, hanno migliorato il loro stato di salute più delle altre erano quelle che integravano nel racconto la componente fattuale con quella emotiva: non solo il “cosa è successo”, ma anche il “cosa ho provato”.

Pensaci: quanto spesso raccontiamo le nostre giornate come se fossero cronache? “Ho fatto questo, poi quello.” Ma dove resta il sentire? Dove mettiamo la paura, la gioia, la rabbia, la nostalgia, la speranza?


Scrivere è accessibile, economico e profondamente umano

Non serve essere poeti per trarne beneficio. Non serve un linguaggio perfetto, né ricercato.

La scrittura terapeutica chiede infatti solo autenticità. Carta e penna sono tutto ciò che serve per cominciare a rimettere ordine dentro.

E anche se non può sostituire un percorso psicologico, può completare e sostenere i processi di crescita interiore.

La scrittura diventa così un piccolo spazio quotidiano dove darsi il permesso di crescere, sospendere il giudizio e lasciare emergere ciò che spesso viene messo a tacere, perché ritenuto fuori posto o inappropriato.


Scrittura e gravidanza: un viaggio dentro e fuori

Durante la gravidanza, il corpo cambia, ma anche la psiche si trasforma. È un periodo di passaggio, di liminalità, in cui il vecchio “io” si dissolve per far spazio a qualcosa di nuovo.

In questo tempo sospeso, scrivere può diventare un ancoraggio dolce e potente. Ogni parola è un modo per accompagnarsi, per dare significato a ciò che accade dentro con gentilezza e sospendendo il biasimo, la vergogna e altre sensazioni spiacevoli.

Molte donne mi raccontano che, soprattutto nei primi mesi, si sentono confuse, vulnerabili, piene di emozioni contrastanti: gioia e paura, desiderio e angoscia, fiducia e incertezza. E spesso si giudicano per questo: “Dovrei essere felice… perché allora mi sento così fragile?” “L’ho desiderato tanto, perché adesso sono inquieta?”.

La scrittura, invece, offre uno spazio senza giudizio. Un luogo dove tutte le emozioni hanno diritto di esistere, dove anche la paura e la tristezza, e altre emozioni spiacevoli trovano voce e senso.


E se raccontare fosse un modo per prepararsi ad accogliere?

Mi piace affermare che “Ogni bambino è una storia da raccontare”. Non solo quella che vivrà, ma anche quella che l’ha preceduto: la storia della sua attesa.

Quando scriviamo durante la gravidanza, creiamo un ponte tra noi e il bimb* che cresce dentro. Le parole diventano una forma di legame prenatale, un dialogo silenzioso fatto di sensazioni, intuizioni, immagini.

E se ci pensi, anche questo è “cura”. Cura di sé, perché nel raccontarsi ci si riconosce. Cura dell’altro, perché nel raccontarlo lo si accoglie già.


Un invito alla gentilezza interiore

Molte madri vivono la maternità, sin dalla gravidanza, sotto il peso di uno stile critico interiorizzato: quella voce che dice “non fai abbastanza”, “non sei una brava mamma”, “dovresti essere più calma, più paziente, più felice”.

La scrittura può essere un antidoto a questo fardello emotivo. Può aiutarci a trasformare la critica in curiosità, la svalutazione in comprensione e il giudizio in accoglienza.

Scrivere non cambia magicamente la realtà. Ma cambia il modo in cui la abitiamo. E spesso, è proprio da lì che inizia la trasformazione.


Un piccolo strumento per cominciare

Da queste riflessioni è nato il mio ebook gratuito “Diario emotivo della gravidanza – I trimestre”. Un percorso di scrittura guidata, con domande pensate per accompagnarti a integrare i vissuti e a dare senso alle emozioni che emergono.

Ogni pagina è un invito ad aprirti all’esperienza senza giudizi, con curiosità e tenerezza.

Cosa trovi nel diario:

Il diario affronta 5 domande-stimolo calibrate sui processi psicologici del primo trimestre. Puoi compilarlo in autonomia, o seguire il ritmo da me indicato (ogni giorno per cinque giorni ti manderò per email una piccola riflessione per aiutarti a scrivere). Inoltre riceverai, sempre nella tua casella di posta, un audio di rilassamento speciale (rituale di passaggio), da ascoltare a conclusione del primo periodo di gravidanza.

Se conosci una futura mamma, regalale questo spazio di ascolto profondo. E se sei già oltre il primo trimestre, scrivimi: sarò felice di inviarti la versione adatta al tuo momento.


Come iniziare a scrivere in modo terapeutico in gravidanza

A volte iniziare è la parte più difficile. Ecco 4 piccoli passi per entrare nel ritmo della scrittura espressiva:

  1. Inizia scaricando il mio diario guidato gratuito. Se hai già passato il primo trimestre, scrivimi e ti manderò i Diari del secondo e/o del terzo trimestre.
  2. Scegli un momento calmo. Anche cinque minuti al giorno bastano. La costanza è più importante della quantità.
  3. Scrivi senza censura. Non preoccuparti di “scrivere bene”. Lascia fluire parole, anche confuse o spezzate. È il tuo spazio di verità.
  4. Rileggi con gentilezza. Non per correggere, ma per ascoltare. Chiediti: “Cosa mi sta dicendo questa parte di me?” Il nostro obiettivo, ricorda, non è rimuovere/”silenziare”, ma accogliere e integrare tutti i vissuti che stai sentendo in questa nuova esperienza.

NB: Scrivere non ha come scopo essere o imparare ad essere “brava”, ma ha come obiettivo principale quella di connetterti con te stessa, in un momento di grande trasformazione. Se emergono parti per te difficili da accettare, ricorda che possono fare parte del cammino, e che non ti rendono meno “mamma”.


Ogni parola è un atto d’amore

Scrivere è un atto d’amore. Un atto di presenza verso sé stesse, verso la propria storia e verso chi verrà dopo.

Ogni parola che nasce da dentro è quindi un passo verso l’integrazione, la cura, la libertà. E ogni bambino, davvero, è una storia da raccontare, che nasce molto prima di venire alla luce e di cui prendersi cura.

Buona scrittura!

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